Perché gli assicuratori si affidano alla ricerca di base per capire i rischi futuri

Iwan Stalder, Zurich Insurance Group.
© Adrian Moser

A colloquio con il FNS, Iwan Stalder di Zurich Assicurazioni spiega come la ricerca di base sia cruciale per sviluppare soluzioni assicurative resilienti.

«Molte delle conoscenze attuali non esisterebbero senza la ricerca di base, che continua a essere indispensabile per comprendere i rischi del futuro», afferma Iwan Stalder, responsabile della gestione dei rischi cumulativi presso Zurich Assicurazioni. Stalder e il suo team hanno il compito di identificare, quantificare e aggregare i rischi – ovvero combinarli per comprendere l’esposizione complessiva della compagnia assicuratrice – nell’ambito del portafoglio globale di assicurazioni non vita, dai pericoli naturali agli incidenti causati dall’uomo. Inizialmente focalizzato principalmente sulle calamità naturali, l’ambito di attività del team si è ampliato quando l’esplosione del 2015 nel porto di Tianjin ha dimostrato come gli incidenti industriali possano assumere improvvisamente dimensioni catastrofiche. Da allora, scenari come pandemie e incidenti industriali, o la questione di cosa potrebbe diventare il “prossimo amianto”, sono diventati parte integrante del loro portafoglio.

Quando si tratta di gestire rischi complessi, gli assicuratori sono tra gli attori che più dipendono dalle conoscenze scientifiche. Cambiamento climatico, calamità naturali, pandemie o incidenti informatici possono essere valutati soltanto con l’ausilio di modelli matematici, fisici e climatici. Tali modelli costituiscono la base per quantificare i rischi, allocare capitali e studiare prodotti assicurativi che garantiscano protezione e stabilità alla società e all’economia.

Dati, modelli e incertezze

I dati sono la base di qualsiasi valutazione del rischio. Una delle fonti più preziose è la cronologia dei casi precedenti dell’assicuratore, ovvero la documentazione dei danni subiti dai clienti e delle somme versate per coprirli. Negli Stati Uniti, per esempio, decenni di esperienza con uragani, tornado e grandinate hanno permesso di tracciare un quadro dettagliato della frequenza con cui tali eventi si verificano e dell’entità dei danni che causano. Queste informazioni, denominate dati sui sinistri o sulle perdite, consentono di identificare le vulnerabilità e di affinare i modelli di rischio.

Tuttavia, i modelli dei diversi fornitori possono ancora produrre risultati molto diversi tra loro. Ma quando un assicuratore inserisce la propria cronologia delle perdite legate agli uragani, diventa subito chiaro quale modello si avvicina di più alla realtà. Come sottolinea Stalder, nessun modello è perfetto ma confrontandoli con l’esperienza reale emerge quali siano i più attendibili. E il lavoro non finisce qui: ogni modello richiede continue rettifiche. Quando sono disponibili dati storici sulle perdite, il team di Stalder li utilizza per ricalibrare le ipotesi; in caso contrario, vengono utilizzati altri modelli, approfondimenti scientifici e il giudizio di esperti.

I modelli di rischio delle calamità naturali non sono quindi statici ma evolvono continuamente man mano che diventano disponibili nuove conoscenze scientifiche, si aggiornano le normative edilizie, emergono nuovi rischi e cambia il clima stesso. Anche i modelli statunitensi relativi agli uragani, ottimizzati nel corso di una generazione, vengono ancora oggi sottoposti a revisione. Come spiega Stalder: «Tutto è in movimento e impariamo di continuo».

Esiste sempre un margine di incertezza, che aumenta quando i dati sono scarsi. I pericoli naturali sono stati studiati in modo relativamente approfondito, ma rimane difficile prevedere l’impatto esatto dei cambiamenti climatici sulla loro frequenza e gravità. Per gli incidenti informatici l’incertezza è ancora maggiore, in quanto non ci sono stati ancora eventi estremi a fungere da punti di riferimento. L’interruzione globale dei servizi IT nel luglio 2024, un guasto mondiale dei sistemi informatici, è stata causata da un aggiornamento software difettoso, il cosiddetto “evento CrowdStrike”. Sebbene non si sia trattato di un attacco, questo episodio ha dimostrato come milioni di sistemi possano essere messi fuori uso quasi istantaneamente.

Il ruolo della ricerca di base

Nel settore assicurativo, la ricerca di base si rivela essenziale. La scienza del clima fornisce gli scenari che alimentano i modelli delle calamità naturali: innalzamento dei livelli dei mari, precipitazioni sempre più intense o cambiamenti nelle traiettorie delle tempeste. Gli studi tossicologici su sostanze come le PFAS – definite “sostanze chimiche eterne” che di recente hanno causato il divieto di coltivazione in Svizzera – evidenziano come emergano nuove esposizioni al rischio di responsabilità civile. «Ricerche di questo tipo, spesso sostenute da istituzioni come il FNS, costituiscono la base scientifica da cui dipendono i nostri modelli di rischio pratici», osserva Stalder.

Il legame tra ricerca scientifica e pratica spesso passa attraverso i dati, i metodi e gli scenari prodotti dalla ricerca di base. Un esempio di un progetto sostenuto dal FNS è la collaborazione scClim tra l’Università di Berna, il Politecnico di Zurigo e Agroscope, che ha sviluppato simulazioni ad alta risoluzione di supercelle nella regione alpina per migliorare le previsioni di eventi temporaleschi intensi e localizzati.

È fondamentale anche la ricerca tecnologica. L’intelligenza artificiale, in particolare le reti neurali, inizia ad essere utilizzata più ampiamente per identificare pattern in vasti insiemi di dati, ma le sue radici affondano nelle basi teoriche degli anni '50 e '60 del secolo scorso. I primi casi d’uso erano limitati in termini di portata ed efficienza, ma l’aumento della potenza di calcolo e l’evoluzione degli algoritmi nell’ultimo decennio hanno consentito ai sistemi di funzionare con velocità e precisione molto maggiori. «Alcune delle nostre attuali conoscenze sui rischi sarebbero impensabili senza le reti neurali. Esse sono il risultato diretto di decenni di ricerca di base», sottolinea Stalder. Un esempio finanziato dal FNS in questo campo è un progetto in corso dell’Università di Basilea e IBM, che sviluppa nuovi tipi di reti neurali potenziate dalla tecnologia quantistica.

Dalla convalida del modello allo sviluppo interno

Il legame tra scienza e pratica si riflette anche nel modo in cui gli assicuratori applicano i modelli. Da anni il team di Stalder si occupa di concedere licenze, validare e calibrare modelli, una pratica introdotta da Zurich nel 2004 e che da allora è diventata uno standard. Nel corso del tempo, il team ha compiuto un ulteriore passo avanti, sviluppando scenari propri o modelli probabilistici per terrorismo, catastrofi legate alla responsabilità civile, raccolti, pandemie e incidenti informatici. Questi modelli interni garantiscono trasparenza sulle ipotesi e sui calcoli, aspetto particolarmente importante dal punto di vista normativo.

Lo scambio con la comunità scientifica è una parte fondamentale di questo lavoro. Zurich ha istituito un organo consultivo per le catastrofi, che riunisce i ricercatori più autorevoli nei rispettivi campi per discutere delle ultime scoperte. Gli argomenti trattati spaziano dai cambiamenti climatici alle previsioni stagionali sugli uragani e ai sistemi di allerta precoce dei terremoti, fino all’affidabilità dei modelli previsionali. Alle sessioni partecipano anche esperti assicurativi provenienti dai settori della gestione dei rischi, della sottoscrizione, dell’ingegneria dei rischi e dei sinistri, garantendo che le conoscenze scientifiche siano tradotte direttamente nella pratica aziendale. «Vogliamo capire a che punto si trova la ricerca e valutare come utilizzare queste conoscenze per migliorare la nostra analisi del rischio e i nostri prodotti», afferma Stalder.

Contribuire alla resilienza

In definitiva, la questione va oltre la stabilità di una singola compagnia assicuratrice: è in gioco il funzionamento dell’intera economia. L’assicurazione, tuttavia, consente di investire anche in contesti incerti, che si tratti di costruire una fabbrica da miliardi di dollari o di finanziare progetti di energia rinnovabile. Rende i rischi quantificabili e distribuibili, creando così prevedibilità.

La ricerca di base, quindi, è molto di più di un mero esercizio accademico. Fornisce le basi per modelli che consentono di gestire rischi complessi e per innovazioni destinate a rafforzare la resilienza economica e sociale. Come afferma Stalder: «La ricerca di base ci fornisce gli strumenti non per eliminare l’incertezza ma per prendere decisioni informate in condizioni di incertezza».